Marco Soggetto

Fotografo. Non capita spesso di comporre la propria biografia, non dal lato professionale bensì da quello più personale e affettivo. Ciò che si è, nel profondo. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia che, sin dalla più tenera infanzia, mi ha abituato a ricercare e amare il contatto con la natura. Sin da prima che venissi al mondo, nel 1983, abbiamo amato con intensità la vita all’aria aperta: lunghe stagioni in montagna, nella mia amata Val d’Ayas, e mesi interi trascorsi al mare, il vento e il sale sul volto.

Fotografo

Non capita spesso di comporre la propria biografia, non dal lato professionale bensì da quello più personale e affettivo. Ciò che si è, nel profondo.
Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia che, sin dalla più tenera infanzia, mi ha abituato a ricercare e amare il contatto con la natura. Sin da prima che venissi al mondo, nel 1983, abbiamo amato con intensità la vita all’aria aperta: lunghe stagioni in montagna, nella mia amata Val d’Ayas, e mesi interi trascorsi al mare, il vento e il sale sul volto.
Mia madre e mia nonna hanno avuto un ruolo fondamentale nel forgiare ciò che sono, le mie passioni e forse perfino il mio carattere. Mi ritrovo in loro, tuttora. Amo profondamente la montagna, cui anelo ogni giorno dell’anno: un amore che non può prescindere dalla conoscenza, dallo studio e dalla divulgazione.
Questa grande passione per l’ecosistema alpino e le sue creature, concretizzato in un costante amore per la splendida Val d’Ayas, mi ha portato a creare nell’ormai lontano 2004 il sito Varasc.it: un “serbatoio” di escursioni e ascensioni, ricco tuttavia anche sul versante culturale, storico, scientifico.

La nostra epoca è pregna di grandi contraddizioni: la più grave e crescente minaccia ambientale mai affrontata dalla nostra specie, studiata e analizzata da decenni, si accompagna a continui e spregiudicati scempi. Ecco allora che ognuno di noi è posto innanzi a un bivio: limitarsi al lato ludico delle proprie passioni, del proprio vivere le preziose ore di “outdoor” che ci sono concesse dalle nostre vite frenetiche, oppure impegnarsi.
Voltarsi dall’altra parte, oppure scegliere una buona battaglia; divertirsi senza troppi pensieri, o portare avanti una causa importante.

La fotografia “di montagna” è sempre stata, per me, la fedele testimone di decenni di avventure, incontri, ascensioni. Mi ha accompagnato per vette e stagioni, ha arricchito i libri che ho pubblicato, domina tuttora i miei sogni e fa “prudere” le mie mani per la voglia di ripartire, di tornare lassù.
La fotografia “di montagna” è diventata, a partire dal 2014, un’alleata altrettanto fedele. Un’alleata potente, in base al principio della visual advocacy, poiché può testimoniare con disarmante efficacia l’immensa bellezza di un patrimonio naturale minacciato, i disastri causati dall’uomo al fragilissimo ecosistema d’alta quota, la vita segreta della fauna alpina.

Ho lavorato in varie città, seguendo vari progetti e insegne. Sono stato ricercatore e autore, divulgatore, collezionista; sono e resto il ragazzino che, sin dalle scuole elementari, non esitava a calpestare zaini e spostare banchi, tra le proteste dei compagni, per andare alla finestra e liberare un povero insetto.
Mia madre mi ha insegnato ad amare la minuscola e coraggiosa flora pioniera d’alta quota, la nobile fauna delle nostre Alpi. Mi ha insegnato a dare la mia parola e a rispettarla, a portare a termine ciò che avevo dichiarato di voler fare. Mi ha insegnato, soprattutto, a studiare e a non mollare mai.

Tutto questo, e molto altro, rivive ogni volta che ripongo la reflex nello zaino. A ogni incontro con stambecchi, marmotte, camosci e preziosi gipeti. Nella battaglia per il Vallone delle Cime Bianche, cui partecipo nell’ambito del nostro progetto di Conservazione “L’Ultimo Vallone Selvaggio. In difesa delle Cime Bianche”, al quale partecipo con orgoglio insieme alla mia compagna, Annamaria Gremmo, e al nostro grande amico Francesco Sisti.

In ogni animale salvato o liberato, in ogni fiore prezioso, vive la giusta speranza in un mondo più sano e vivibile, anzi condivisibile con le tante specie che lo abitano. E no, non ho mai particolarmente amato la retorica!

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